Trama
Charles Duhigg ci spiega perché le abitudini esistono e come possono essere cambiate, arrivando a far comprendere il potenziale trasformativo che possiede l’uomo.
“Perché alcune persone e aziende non ottengono risultati nonostante anni di tentativi, mentre altre riescono in poco tempo a trasformare completamente la loro vita?”.
La chiave sta nel comprendere il funzionamento delle abitudini e quali aree del cervello vengono coinvolte. Le giuste abitudini sono state fondamentali per il successo di diverse figure come ad esempio: il nuotatore olimpico Michael Phelps, il CEO di Starbucks Howard Schultz e l’eroe dei diritti civili Martin Luther King e tanti altri.
Charles sostiene che le abitudini non sono immutabili, ma si possono trasformare, ignorare, sostituire o mantenere. Charles ci guida in questo incredibile percorso di scoperta di una caratteristica spesso trascurata, ma che può portare a risultati incredibili.
Autore
Charles Duhigg è nato in New Mexico nel 1974. Si è laureato alla Harvard Business School e ha poi intrapreso la carriera di giornalista e saggista. Scrive per il The New Yorker Magazine, un periodico statunitense fondato nel 1925. È stato anche reporter, dal 2006 al 2017, per la testata giornalistica The New York Time. Nel 2012 ha pubblicato il suo primo libro “Il potere delle abitudine” che è diventato rapidamente un best-seller mondiale da 1 milione di copie vendute. L’anno successivo ha vinto il prestigioso premio Pulitzer per delle inchieste giornalistiche riguardanti delle pratiche commerciali di Apple e altre società tecnologiche.
Il potere delle abitudini
Il libro indaga la formazione delle abitudini sia a livello individuale sia collettivo, nelle aziende e nelle istituzioni.
Il testo comprende 3 sezioni principali:
1. Le abitudini degli individui
2. Le abitudini delle organizzazioni di successo
3. Le abitudini delle società
Prima parte
1) Il circolo delle abitudini: come funzionano le abitudini
“Tutta la nostra vita è soltanto una massa di abitudini pratiche, emotive e intellettuali.”
Quando si forma un’abitudine il nostro cervello non partecipa più al processo decisionale, utilizza una sorta di pilota automatico per risparmiare energia che andrà impiegata in altre azioni. Per questo le abitudini influenzano il nostro modo di agire senza che ce ne rendiamo conto, infatti molte delle nostre scelte sono determinate non dalla riflessione ma dalle abitudini.
Siamo le abitudini che abbiamo appreso nella nostra vita che stratificandosi formano le nostre routine. Le abitudini decidono per noi e guidano le nostre scelte quotidiane. Si creano quindi delle routine che si basano sul meccanismo della gratificazione.
Il problema, però, è che il cervello non sa distinguere fra abitudini buone e cattive ed è per questo che le fa instaurare entrambe. Più tempo si segue una certa abitudine più questa si radica nel nostro cervello ed essendo così potenti spingono il cervello ad aggrapparsi a esse a costo di escludere tutto il resto, compreso il buonsenso.
Il circolo di un’abitudine è composta da 3 parti:
· segnale: l’input, lo stimolo che comunica al cervello di far partire la routine, che spinge a compiere quella determinata azione;
· routine: l’azione che svolgiamo al fine di ricevere una gratificazione;
· gratificazione/ricompensa: la sensazione che proviamo alla fine dell’abitudine, quello che si guadagna. Se la ricompensa è positiva produce quindi una sensazione piacevole. Il cervello decide se vale la pena memorizzare la routine, se invece l’esperienza è negativa il cervello scarta l’abitudine.
2) Il cervello affamato: come creare nuove abitudini
Man mano che un’abitudine si rafforza il nostro cervello tende ad anticipare la gratificazione (la gratificazione non è più dopo la routine, ma tra il segnale e la routine). Nel nostro cervello si crea, in seguito al segnale, l’aspettativa della gratificazione. Ciò crea un bisogno che, se non soddisfatto, si trasforma in delusione, insoddisfazione o frustrazione. È il bisogno che crea le abitudini. Più l’abitudine è radicata e più il bisogno diventa forte. Quindi l’abitudine non è altro che un’associazione di segnale, routine e gratificazione che instaura un bisogno in loop.
“Se fai sempre le stesse cose, ottieni sempre gli stessi risultati.”
Finché il bisogno non è fortemente radicato si può ricorrere a distrazioni, ma una volta che il bisogno è fortemente radicato allora diventa un bisogno ossessivo che induce il nostro cervello ad andare con il pilota automatico perfino di fronte a forti disincentivi come la perdita della salute o della reputazione.
Per instaurare una nuova abitudine si deve scegliere un segnale semplice, decidere una gratificazione e durante il segnale e la routine cercare di pensare alla gratificazione così da anticiparla creando un bisogno che instaura il loop.
Un esempio riportato è quello del lancio di un prodotto per la casa per eliminare gli odori imbarazzanti dal nome Febreze. Fu un fallimento perché non rispondeva al bisogno dei consumatori. Il segnale che doveva spingere i consumatori all’utilizzo del prodotto era la puzza, mentre la gratificazione era quella di eliminare i cattivi odori ma nessuno avrebbe mai ammesso che la sua casa puzzava. Il segnale non era quindi quello giusto. Attraverso delle ricerche di mercato si scoprì che la vera gratificazione per le persone era di ottenere un buon profumo nella casa. Venne quindi ideato il deodorante per ambienti che ebbe un riscontro positivo sui consumatori che si sentivano gratificati dal sentire un profumo fresco e gradevole alla fine delle pulizie domestiche.
3) La regola aurea del cambiamento di abitudini
“Una cattiva abitudine non può essere eliminata, ma solo modificata”.
Per trasformare un’abitudine occorre partire dalle stesso segnale ad esempio il bisogno di assumere nicotina per i fumatori e concedersi la stessa gratificazione ad esempio la sensazione di soddisfazione dopo aver fumato una sigaretta. La svolta sta nel cambiare la routine e il comportamento associato e trovare quindi un’attività che sostituisca le sigarette, ad esempio andare a fare una passeggiata. Risulta molto più semplice modificare un’abitudine piuttosto che eliminarla. Distruggere un’abitudine è molto difficile, per modificarne una è indispensabile che il segnale e la gratificazione rimangano immutati e si modifichi solo al routine.
Gli Alcolisti Anonimi (AA), una delle più famose associazioni che aiuta a superare una delle abitudini più devastanti, l’alcolismo si basa sul modificare il loop habit attraverso i famosi 12 passi.
L’idea è partita da Bill Wilson che per anni è rimasto vittima dell’alcool, così nel 1934 a New York fondò gli AA. Il merito del successo del percorso AA sta nel creare una risposta concorrente: una nuova routine con cui rispondere al vecchio segnale. Avendo consapevolezza del segnale, che fa scaturire una determinata azione, riusciamo a modificare quel comportamento. Bisogna però tenere in conto la differenza tra abitudine e dipendenza. Molte dipendenze sono infatti indotte da abitudini che si sono consolidate nel tempo e coinvolgono aspetti più complessi.
Un esempio dell’esito positivo di spezzare l’habit loop è quello di Mandy, una ragazza che è riuscita a smettere di mangiarsi le unghie. Mandy si mangiava le unghie nei momenti di noia, per superare questa brutta abitudine ha introdotto una risposta concorrente. Ogni volta che sentiva lo stimolo di mangiarsi le unghie doveva immediatamente mettersi le mani in tasca o sotto le gambe o afferrare qualche oggetto così da non poter mettere le mani in bocca. Poi doveva cercare qualcosa che le avrebbe fornito una rapida stimolazione fisica, come ad esempio sfregarsi un braccio. In questo modo ha creato un nuovo circolo dell’abitudine. Il cambiamento in Mandy è avvenuto grazie al rafforzamento della nuova abitudine nel corso del tempo.
Seconda parte
4) La ballata di Paul O’Neill
Secondo Paul O’Neill, CEO dell’Alcoa Corporation, esistono alcune abitudini definite come abitudini chiave che possiedono il potere di innescare una reazione a catena modificando altre abitudini più piccole. Il merito di Paul è stato quello di potenziare la sicurezza sul lavoro, cambiando questo aspetto ha creato benefici a cascata su tutti i lavoratori.
In questo capitolo vediamo come le abitudini influenzino sia l’individuo sia le organizzazioni.
Individui:
Semplicemente una volta raggiunto un piccolo traguardo, si mettono in moto forze che favoriscono un altro piccolo traguardo, il primo piccolo traguardo è quello che abbiamo già chiamato abitudine chiave. Esempi di abitudini chiavi sono l’esercizio fisico o rifarsi il letto appena alzati Esempio: Michael Phelps, miglior nuotatore di tutti i tempi, all’inizio della sua carriera aveva difficoltà a mantenere la calma prima delle gare. Il suo allenatore era convinto che col tempo e con le giuste routine sarebbe riuscito a farlo diventare il migliore. L’abitudine chiave fu la visualizzazione: Michael ogni giorno, appena sveglio e prima di andare a dormire, doveva visualizzare la gara perfetta in modo dettagliato. Ciò gli permise di sviluppare il giusto atteggiamento mentale che gli permetteva di restare calmo e concentrarsi al massimo sulla gara. Dopo aver stabilito questa ed altre abitudini chiave tutte le altre (dieta, programmi di allenamento, ecc.) si calibravano di conseguenza. Inoltre Phelps prima di ogni gara seguiva un rituale che iniziava appena si alzava (certa colazione, stretching, riscaldamento, mix di musica hip-hop che ascoltava prima di ogni gara) e finiva con la gara stessa. Seguendo il rituale è come se lui non stesse pensando a niente, perché in effetti è come se le sue abitudini avessero preso il controllo. Al momento della gara Michael è a metà percorso e ha già vinto i passi precedenti: ogni esercizio di stretching è andato come previsto, il riscaldamento come è stato visualizzato. La gara vera e propria viene considerata solo una fase di un programma che è cominciato mattina presto e che prevede solo vittorie. Vincere la gara è un’estensione di tutto questo.
Organizzazioni:
Infatti anche nelle organizzazioni le abitudini svolgono ruoli fondamentali, anche nell’ambito della politica molti statisti rispondono a certi segnali con routine automatiche allo scopo di ottenere specifiche gratificazioni come la rielezione. es: in America era iniziato un programma di costruzioni di ospedali a livello locale e questo programma procedeva con estrema lentezza. Infatti appena venivano destinati nuovi fondi alla sanità si cominciava subito a costruire grosse strutture di cui un politico si sarebbe vantato durante le campagne elettorali, ma non si prendeva affatto in considerazione del fatto che molte piccole località non avevano bisogno di quei enormi ospedali con così tanti posti letto! Ciò ovviamente non aveva alcun senso ma si continuava a fare così. Per modificare le organizzazioni non è possibile ordinare alle persone di cambiare e introdurre tanti cambiamenti rende impossibile consolidarne anche uno solo, è meglio puntare su abitudini chiavi.
Si deve scegliere un obiettivo chiave e deve essere un obiettivo che riavvicini le diverse parti influenzando positivamente sul modi di lavorare e comunicare delle persone, non deve creare ulteriore fratture all’interno dell’organizzazione.
Le abitudini chiave incoraggiano il cambiamento diffuso, creano delle culture dove si instaurano valori che possono essere positivi o negativi, ciò succede sempre, che i leader siano consapevoli o meno. Questo facilita le scelte difficili poiché se uno viola questa cultura è chiaro a tutti che se ne deve andare.
5) Strarbucks e l’abitudine del successo
Diversi studi hanno dimostrato che una delle abitudini chiave per il successo individuale è la forza di volontà: il saper rinviare gratificazioni facili da ottenere in vista di una gratificazione maggiore in futuro (es: mettersi a dieta e non mangiare il cioccolato per riuscire a dimagrire). È possibile allenare questa abitudine proprio come se fosse un muscolo.
Come si può rafforzare un’ abitudine tramite la disciplina? Sfruttando l’effetto domino, rafforzandola in un campo la si rafforza anche negli altri (es: se la sviluppi andando in palestra poi è più facile che quando dovrai mantenere un altro impegno come smettere di fumare ce la fai). Quando impariamo a costringerci ad andare in palestra o a fare i compiti o a mangiare l’insalata invece di hamburger, stiamo modificando il nostro modo di pensare. La forza di volontà spesso dipende anche dal senso di controllo che ha l’individuo dell’esperienza: se chiedi alle persone di fare qualcosa che richiede autocontrollo, se pensano che lo stanno facendo per ragioni personali, se sentono che è una scelta o qualcosa che trovano piacevole perché stanno aiutando qualcun altro risulta meno faticoso. Se sentono invece che non sono autonomi, se sono costretti a seguire degli ordini, i “muscoli” della forza di volontà si stancano molto prima. Dare semplicemente ai dipendenti la sensazione che sono loro a controllare quello che fanno, che sono autonomi nel prendere decisioni, può accrescere significativamente l’energia e la concentrazione che mettono nel lavoro.
“Le persone vogliono avere il controllo della propria vita.”
Ovviamente nei momenti critici è difficile seguire la cosa giusta, quindi, anche in base alle nostre esperienze passate, dobbiamo pensare a quali problemi possiamo incappare e a scegliere in anticipo un comportamento adatto per fare fronte al problema, così da non rispondere al problema in modo istintivo, ma in modo più ragionato, creando nuove abitudini per rispondere ai momenti critici. E’ molto utile scrivere su un foglio questi progetti di abitudine. Seguendo questo metodo si impara a riconoscere e a distinguere fra loro vari momenti critici e, avendo una maggiore consapevolezza della situazione, siamo in grado di rispondere nel modo migliore.
L’azienda Starbucks ha basato il proprio successo nell’instaurare abitudini nei propri dipendenti per affrontare le varie situazioni. Infatti Starbucks, per offrire un servizio eccellente ai clienti e un ambiente di lavoro sano, ha speso milioni di dollari per formare i propri dipendenti all’autodisciplina attraverso programmi di studio creati ad hoc. Uno dei metodi più conosciuti è il metodo LATTE, indispensabile per affrontare al meglio le critiche dei clienti e in generale i momenti di crisi. Vediamolo nel dettaglio:
L (listen) ascolta la critica o la domanda del cliente senza interrompere;
A (acknowledge) accogli la sua lamentela;
T (take action) datti da fare per risolvere il problema;
T (thank) ringrazia per averti fatto notare il problema;
E (explain) spiega perché è successo. Così facendo i dipendenti rispondono in modo automatico senza che il loro carattere e questioni personali possano influenzare il modo in cui trattano i clienti.
6) Il potere della crisi
Tutte le organizzazioni hanno delle abitudini istituzionali, questo perché riduce l’incertezza. Esistono luoghi dove le abitudini sono deliberatamente scelte e organizzate, mentre in altri luoghi le abitudini sorgono spontaneamente, spesso sulla rivalità e sulla paura. Le abitudini consentono di fornire una “memoria organizzativa” al fine di agire più velocemente senza troppi intoppi burocratici. Queste abitudini possono inoltre creare delle tregue fra i componenti di un’organizzazione (la tregua non è una vera e propria pace, è una situazione in cui le diverse parti in competizione fra loro si mettono tacitamente d’accordo per non mettersi troppo i bastoni tra le ruote a vicenda, ma la competizione rimane, non c’è una vera e propria collaborazione quindi), ma se la tregua è sbilanciata verso una delle parti in causa la routine è destinata a fallire nei momenti critici.
Es:Prendiamo un’azienda piena di giovani dirigenti ambiziosi. All’improvviso nell’azienda si libera il posto di vicepresidente, un giovane dirigente pensa di sabotare un grosso affare a un suo collega così da impedirgli di ricevere la promozione. Ma se tutti facessero così l’azienda sarebbe destinata a fallire e non solo nessuno riuscirebbe a ricevere la carica di vicepresidente, ma verrebbero tutti licenziati. Quindi nasce un tacito accordo: l’ambizione di ognuno è fuori discussione, ma se giochi troppo duro tutti i tuoi colleghi si coalizzeranno contro di te. D’altro canto, se ti concentri solo sulla produttività del tuo reparto ignorando i tuoi colleghi/rivali prima o poi qualcuno proverà a farti le scarpe Quindi per creare organizzazioni efficienti è importante bilanciare le varie autorità, ma non basta: i dirigenti devono coltivare abitudini che da un lato stimolino la pace reale ed equilibrata e al tempo stesso, paradossalmente, mettano in chiaro senza ombra di dubbio chi è che comanda (questo ovviamente non deve comportarsi da dittatore, ma da leader). Infatti nelle organizzazioni si deve avere una priorità (obiettivo/persona/dipartimento che sia) che domini su tutto il resto per quanto ciò possa minacciare l’equilibrio di poteri che permette la tregua. Questo perché a volte una tregua può suscitare pericoli che mettono a rischio la pace e l’organizzazione stessa.
Una riforma di un’organizzazione è possibile quando la sensazione di crisi è consolidata perché dà alle persone l’impulso di ripensare al proprio comportamento e ai propri obiettivi.
“Un leader capace sfrutta una crisi per ridisegnare le abitudini organizzative”.
Un leader non impone dei cambiamenti, ma piuttosto individua momenti di crisi che possono diventare delle opportunità preziose per convincere i dipendenti che qualcosa deve cambiare e prepara questi a modificare i modelli con cui convivono anche da anni. Una soluzione è quella di prolungare il senso di emergenza in modo da focalizzarsi sul problema da risolvere.
7) Perché Target sa quello che vuoi ancora prima di te
Target, un’azienda del settore della grande distribuzione, attraverso la raccolta di quantità enormi di dati riesce a stabilire le abitudini dei consumatori. Ovviamente si possono usare le abitudini per prevedere certi comportamenti dei propri clienti e utilizzarle per incrementare le vendite come si fa con altre strategie psicologiche. Interessante: I supermercati utilizzano molte strategie psicologiche del genere: se cominciamo i nostri acquisti dai cibi più sani, è molto più facile che più avanti compreremo snack o patatine. Acquistare prodotti salutari ci fa sentire inconsciamente virtuosi, permettendoci di aggiungere più facilmente schifezze nel carrello. -Entrando in un supermercato tendiamo a girare a destra, quindi i prodotti più costosi sono disposti sulla destra -La collocazione all’interno degli scaffali, tendiamo a prendere i prodotti posti a metà sullo scaffale, non quelli troppo in alto o troppo in basso -Mettendo la stessa tipologia di prodotti non in ordine alfabetico siamo obbligati a cercare il prodotto che prendiamo e intanto siamo tentati a comprarne anche altrimenti I consumatori (presi individualmente) agiscono come creature abitudinarie, ripetono automaticamente i comportamenti del passato ignorando quasi del tutto gli obiettivi attuali. Ma le abitudini di acquisto cambiano con maggiore probabilità qualora si verifichi un evento importante nella vita dei consumatori (quando ci si sposa o si trasloca per esempio), ciò significa che quando avvengono dei grandi cambiamenti è più facile essere disposti a farne anche di piccoli cambiamenti esistenziali rendono l’individuo più vulnerabile all’intervento degli esperti di marketing.
Possedere dati sui consumatori consente di realizzare offerte personalizzate, a volte anticipando i loro bisogni. Ad esempio offrire degli sconti sul latte a chi compra i cereali, visto che sono due prodotti che si consumano insieme.
Si possono inoltre influenzare i comportamenti dei consumatori puntando alle loro abitudini. Infatti convincendo le persone a comprare nel proprio negozio, è probabile che continuino per abitudine a comprare sempre nello stesso posto e gli stessi prodotti.
Altri modi per influenzare i consumatori senza che si rendano conto della personalizzazione mirata è la tecnica di affiancare alle offerte sui prodotti che effettivamente ci interessano ad annunci di prodotti ai quali non siamo interessanti in modo da sembrare annunci casuali, senza dare all’utente l’idea di essere spiato. Una delle tecniche per introdurre una novità e allo stesso tempo farla passare per qualcosa di familiare è di accostare la novità a un prodotto familiare che è già conosciuto. Accettiamo più facilmente ciò che ci sembra familiare.
Terza parte
8) Il boicottaggio di Montgomery
Come nascono i movimenti?
L’autore analizza l’episodio di Rosa Parks che ha innescato il grande movimento dei diritti civili. Ci troviamo nel 1955 a Montgomery in un periodo storico dove la segregazione tra bianchi e neri era molto sentita. Rosa Parks, non trovando posto nello spazio riservato solo ai neri in fondo all’autobus, si era seduta in una fila centrale dell’autobus dove erano ammesse entrambe le razze. Si era poi rifiutata di alzarsi per lasciare il suo posto a un uomo bianco. Questo gesto ha innescato una reazione del conducente che ha portato all’arresto di Rosa.
Ma perché un singolo episodio ha innescato delle proteste che si sono diffuse in tutto il paese? Non era neanche il primo episodio di un passeggero di colore che veniva arrestato per aver infranto le leggi di segregazione. Questo perché sono entrate in gioco le abitudini sociali che le persone assumono anche inconsapevolmente, ma che portano un grande potere trasformativo.
Per comprendere meglio un movimento si può dividerlo in 3 fasi:
1. un movimento si accende a causa delle abitudini sociali di amicizia e dei legami forti;
2. accresce grazie alle abitudini di una comunità e dei legami deboli;
3. dura nel tempo perché i leader riescono a creare e sostituire le vecchie abitudini rinnovando un nuovo senso d’identità e proprietà.
Esistono due tipi di legami che uniscono le persone:
I legami forti: i legami che abbiamo con i nostri amici e familiari o anche con chi abbiamo instaurato una conoscenza approfondita;
I legami deboli: sono quei legami che uniscono persone che hanno conoscenze in comune, che fanno parte delle stesse reti sociali, ma che non hanno legami di amicizia in senso stretto.
Nel caso di Rosa Parks si è creata una pressione sociale nota come “pressione dei legami deboli” che ha spinto le persone ad aderire alla lotta anche persone non direttamente conoscenti di Rosa. I legami deboli hanno permesso di accedere ad altre persone, oltre la cerchia stretta di Rosa, entrando in contatto con sempre più persone che si sentivano chiamate a intervenire. Un movimento parte dai legami più forti, ma è grazie a quelli più deboli al passaparola che si amplia.
Un altro esempio è Martin Luther King: la sua capacità è stata quella di offrire una nuova visione di vita e un nuovo senso d’identità. Una volta innescato il movimento è il leader che porta avanti nuove abitudini e fare in modo che si radichino.
9) Le neurologia del libero arbitrio
“Ogni abitudine ha un segnale diverso e offre una gratificazione unica.”
Le abitudini possono essere scelte solo nel momento in cui siamo in grado di riconoscerle e siamo in grado di accorgerci quando si innesca l’habit loop. Al contrario ci governano e per abitudine compiamo azioni che ci danneggiano, ma ne siamo responsabili e abbiamo la libertà e anche la responsabilità di riprogrammarle.
Ci sono casi in cui non siamo responsabili delle nostre azioni, ad esempio chi è affetto da sonnambulismo non è in grado di controllare le proprie azioni, ma il sonnambulismo non porta ad azioni pericolose. Diverso è per i terrori notturni, anche questi non possono essere controllati, ma possono essere pericolosi e letali. In questi casi l’individuo ha la sensazione di essere sopraffatto da un’ansia terribile, ma non sta veramente sognando. Il cervello si disattiva con l’eccezione delle aree più primitive, perciò il cervello risponde in modo automatico a abitudini istintive come “combatti o fuggi”.
Un interessante esperimento, condotto dal neuroscienziato Reza Habib nel 2010, osservava i sistemi cerebrali che entravano in gioco nei giocatori patologici d’azzardo. Le persone dovevano guardare una slot machine che forniva 3 risultati diversi: una vincita, una perdita e una quasi vincita (le figure non si allineavano per pochissimo). I giocatori patologici interpretavano la quasi vincita come una vincita. L’esperimento concluse che i giocatori patologici elaborano le informazioni differentemente e perdono il controllo davanti a delle scelte che ormai sono diventate un’abitudine, come ad esempio tirare la leva della slot machine e continuare a giocare all’infinito.
Appendice
Il libro contiene un appendice, una guida per il lettore su come usare al meglio i concetti espressi nel libro. L’autore precisa che ogni individuo e ogni abitudine sono diversi e ogni caso è a sé.
Le fasi da seguire per apportare un cambiamento sono quattro:
Fase 1: identificare la routine che vogliamo cambiare;
Fase 2: sperimentare le gratificazioni per capire qual è quella più adatta;
Fase 3: isolare il segnale;
Fase 4: elaborare un progetto per trasformare l’abitudine.