I sette peccati capitali dell'economia italiana - carlo cottarelli

I sette peccati capitali dell’economia italiana – Carlo Cottarelli

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L’AUTORE

In questo libro Carlo Cottarelli, ci spiega perché l’economia italiana non riesce a recuperare. Sono principalmente sette i peccati capitali che bloccano il nostro paese: l’evasione fiscale, la corruzione, la troppa burocrazia, la lentezza della giustizia, il crollo demografico, il divario tra Nord e Sud e la difficoltà a convivere con l’euro. Attraverso una analisi approfondita il professore ci spiega da cosa sono causati questi problemi e se ci sono segnali di miglioramento e speranza per il futuro. Questo saggio guarda al futuro con realismo, ma anche con una consapevole fiducia.

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L’AUTORE

Carlo Cottarelli è nato a Cremona nel 1954. Si è laureato in Scienze Economiche e Bancarie a Siena e ha conseguito un master presso la London School of Economics. Nel 1981 ha iniziato a lavorare nel Servizio Studi della Banca d’Italia. Dopo un anno passato all’Eni, nel 1988, è diventato il direttore degli Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale. Dopodiché, nel 2013 è stato chiamato da Enrico Letta per ricoprire l’incarico di Commissario straordinario della Revisione della Spesa Pubblica, nel 2013 . Dal 30 ottobre 2017 è il Direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano, ed è stato Visiting Professor presso l’Università Bocconi di Milano.

1 – EVASIONE FISCALE

In Italia vengono versati al fisco circa 731 miliardi ed essi sono costituiti da tre grandi voci e da una lunghissima lista di piccole tasse. Le principali sono: i contributi sociali, l’irpef e l’IVA (insieme ammontano a circa 521 miliardi). In media, durante il 2014, secondo alcuni studi, la percentuale di evasione è quasi del 24%, questo vuol dire che praticamente non si paga un euro su quattro.

È presente una grande differenza di evasione fra il Sud, il centro e il Nord. Ad esempio, al Sud la propensione all’evasione dell’IVA è del 40% mentre nel resto d’Italia è circa al 25%. Su questo dato però, influisce il fatto, che al Sud sono presenti numerose piccole imprese, le quali sono soggette ad un numero di controlli inferiore.

Cottarelli ci fa notare, che l’evasione danneggia l’intera economia. Infatti, il rischio è che il mercato possa favorire l’azienda che evade di più e non i settori più efficienti. Questa è una concorrenza sleale che danneggia l’efficienza economica e la crescita.

Ma perché in Italia si evade di più rispetto all’estero? Il Professore divide le motivazioni in 4 punti:

  • La nostra struttura economica ci rende più esposti al rischio di evasione. Infatti, in Italia quasi il 25% dei lavoratori sono autonomi, la maggior parte delle imprese sono di piccole dimensioni e l’83% delle transazioni vengono fatte in contanti, riuscendo così a sfuggire ai controlli.
  • La nostra politica fiscale incentiva, o comunque facilita l’evasione. Infatti, secondo Cottarelli, vi è un errore, è meglio tassare di più le case (più difficili da evadere) e meno i redditi legati alle attività produttive. Inoltre, sono presenti troppi adempimenti burocratici.
  • La debolezza del nostro apparato repressivo. Ovvero, le scarse penalità, o addirittura i vantaggi, che si ha evadendo.
  • La nostra scarsità di senso civico e capitale sociale. Si intende, che non si ha la capacità di incorporare nelle proprie decisioni le conseguenze che le proprie azioni hanno sugli altri.

QUINDI COSA POSSIAMO FARE?

  1. Sicuramente abbandonare le misure estemporanee, solitamente attuate prima della legge di bilancio.
  2. Aumentare le alternative al contante, migliorando così la tracciabilità.
  3. Migliorare la struttura della tassazione e semplificare il modo in cui le tasse vengono pagate.
  4. Ridurre i costi amministrativi legati al pagamento delle tasse.
  5. Abbassare le tasse in modo credibile, aumentando così, la produttività e la competitività italiana.
  6. Rafforzare il senso civico e il capitale sociale.

2 – CORRUZIONE

La potenzialità di corruzione esiste ogni volta che qualcuno nel settore pubblico deve prendere decisioni che, per definizione, influiscono sulla cosa pubblica, ma soprattutto su interessi privati. In Italia sono state condannate, negli ultimi anni, circa 600 persone all’anno, mentre in Germania circa 300 e in Francia circa 200.

La situazione attuale è che, rispetto agli altri paesi avanzati, siamo messi peggio. Secondo i dati, c’è più corruzione al Sud rispetto al Nord e dagli anni 80 sono aumentate le denunce e le condanne per corruzione.

Ma quali sono gli effetti della corruzione? Prima di tutto la corruzione erode la fiducia dei cittadini in uno stato democratico. Secondo, la corruzione influisce sull’intero funzionamento dell’economia, essa produce meno e cresce meno, con una conseguente perdita in termini di PIL, che coinvolge tutti. Danneggia il meccanismo della concorrenza, distorce la spesa pubblica. Infine, per contrastarla aumentano i controlli e la burocrazia danneggiando così, le imprese.

Le cause di questo problema sono principalmente 3:

  1. La complessità burocratica del nostro paese.
  2. Mancanza di capitale sociale, che in un certo senso, la giustifica moralmente.
  3. In passato non abbiamo impiegato gli strumenti necessari per correggere il problema.

Ecco cosa si è fatto fino ad ora:

  • Il reato di falso bilancio è stato ricondotto in ambito penale nel 2015.
  • È stato introdotto il reato di autoriciclaggio.
  • È stato introdotto il reato di traffico di influenze.
  • Si sono inasprite alcune pene.

Quindi cosa si può fare? “Agevolazione dell’acquisizione di notizie di reato da parte della magistratura, vantaggi per chi collabora, pene più severe per reati come la turbativa d’asta, cambiamenti della disciplina della prescrizione, introduzione di operazioni sotto copertura”. Il problema è che gli strumenti da utilizzare potrebbero ridurre l’efficienza delle pubbliche amministrazioni oneste. Però dobbiamo rassegnarci e soffrire per un po’, se vogliamo vincere la corruzione.

3 – BUROCRAZIA

Così come per gli altri peccati, nonostante qualche piccolo progresso compiuto negli ultimi anni, siamo ad un livello inferiore rispetto gli altri stati. La Banca mondiale esamina, per ogni paese, 10 aspetti riguardanti la vita di un’imprese. Nella classifica che ha pubblicato nell’ottobre del 2017 eravamo al 46 posto su 190 paesi, comparivano davanti a noi tutti i paesi del G7 e la maggior parte degli stati dell’euro.

La burocrazia influisce su almeno tre tipi di costi:

  1. Quelli derivanti dalla necessita, per le imprese, di compilare numerosi moduli ed interagire con la pubblica amministrazione.
  2. Gli ostacoli alla riforma della spesa pubblica o della tassazione.
  3. Riduzione dell’efficienza dell’economia.

Questo problema riduce notevolmente gli investimenti esteri in Italia, secondo un’indagine svolta dal Censis nel 2017, è la terza causa dopo carico fiscale e lentezza nella giustizia. Il processo decisionale è così lento a causa della frammentazione della pubblica amministrazione italiana.

Cosa si può fare? Sicuramente è necessario, un cambiamento del ruolo del settore pubblico. Quindi bisogna responsabilizzare maggiormente gli individui e puntare ad una riforma della pubblica amministrazione basata sulla triade “più liberalizzazioni, più concorrenza, meno leggi e regole”.

4 – LENTEZZA DELLA GIUSTIZIA

Come abbiamo visto, questo peccato capitale è la seconda causa economica della scarsità di investimenti esteri in Italia. Secondo delle stime pubblicate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, i procedimenti civili, nel 2010, duravano 2866 giorni. Come altri problemi, anche in questo caso, la giustizia, in media, funziona molto più rapidamente al Nord rispetto al Sud.

Essa crea notevoli danni all’economia, infatti, complica l’attività d’impresa e scoraggia l’investimento privato. Inoltre, le banche prestano con più difficoltà in paesi dove il corso della giustizia è molto lento.

Ma quali sono le cause?

  1. Sono state investite troppe poche risorse rispetto agli altri paesi.
  2. Le risorse non sono state impiegate nel modo corretto.
  3. L’eccesso di domanda di un certo servizio pubblico da parte dei cittadini.

Inoltre, il numero dei legali è aumentato notevolmente. Infatti, nel 1985 gli iscritti all’albo erano 48.000, mentre nel 2015 erano circa 237.000.

Sicuramente, bisogna trovare delle soluzioni. Anche attraverso piccole azioni come procedere prima con le cause più vecchie, mappare le pendenze per conoscerne i contenuti, seguire percorsi standardizzati ove possibile. Infine, è necessario semplificare la legislazione italiana.

5 – CROLLO DEMOGRAFICO

Nel 1970 l’età media degli italiani era di 32,8 anni, mentre nel 2015 è salita a 46 anni. Questo può essere avvenuto per 2 motivi: il primo è che si vive più a lungo e questo è un bene; il secondo è il crollo del tasso di natalità e di fertilità (infatti quest’ultimo, è passato da 2,46 nel 1969 a 1,35 nel 2015).

Teoricamente però, se si è riduce il numero delle persone in età scolare, si dovrebbe ridurre il numero degli insegnanti, con un conseguente risparmio per la spesa pubblica. Ma come possiamo vedere, non è andata così. Infatti, il numero di studenti per insegnante è sceso da 17,3 nel 1970 a 11,5 nel 2014. Quindi con i soldi della spesa pubblica si potrebbero migliorare le infrastrutture scolastiche, invece di aumentare il numero di insegnanti.

Secondo alcune previsioni dell’Istat, la popolazione residente potrebbe decrescere da 60,7 milioni nel 2016 a 54 milioni nel 2065.

Le cause principali di questo calo della fertilità sono:

  • Un rallentamento della crescita economica.
  • Una “rivoluzione culturale”, che ha portato le donne a prolungare gli studi e di conseguenza avere figli in età più avanzata.

Ma cosa possiamo fare per risolvere questo problema?

  • Fino ad ora sono state fatte solo piccoli provvedimenti, spesso temporanei e con poca coordinazione fra di loro.
  • Offrire asili di alta qualità, sul modello svedese, a basso prezzo.
  • Soprattutto non penalizzando economicamente chi lascia temporaneamente il lavoro.
  • Impegnarsi nel lungo termine.

6 – DIVARIO TRA NORD E SUD

A partire dall’ultimo decennio del XIX secolo il reddito pro capite del Centro-Nord ha iniziato ad accelerare decisamente grazie all’industrializzazione dell’area, mentre al Sud cresce molto più lentamente. Nonostante ciò la differenza in termini di potere d’acquisto il divario non è rimasto così elevato.

Però c’è una grande differenza di produttività. Infatti, nel 2016 il prodotto per occupato era del 23% più basso al Sud. È presente un grande divario per quanto riguarda la performance della pubblica amministrazione, con un differenziale dell’efficienza di circa il 15% fra Sud e Centro-Nord.

Una delle differenze più importanti però, è l’indice di Capitale umano che comprende molti aspetti tra cui: grado di educazione, attrattività degli atenei, il numero di laureati in materie scientifiche. Questo indice è pari a 0,71 al Nord, 0,59 al Centro e 0,30 al Sud.

Come possiamo risolvere questo problema, che condiziona la nostra economia da molto tempo?

  • Sicuramente migliorare la composizione della spesa pubblica al Sud.
  • Rendere il Meridione, un posto attraente per gli investimenti privati.
  • Aumentare l’efficienza della pubblica amministrazione al Sud.
  • Migliorare il capitale sociale e umano del Mezzogiorno.

7 – DIFFICOLTA’ A CONVIVERE CON L’EURO

L’economia italiana non è stata capace di adattarsi all’euro e alle nuove regole che derivavano dall’appartenenza al club europeo. Il reddito degli altri paesi è aumentato di oltre il 25%, mentre noi ci troviamo ancora fermi ai livelli di vent’anni fa.

Negli ultimi anni il PIL italiano ha ripreso a crescere, con un tasso inferiore a quello europeo, ma vi è comunque una crescita.

In molti pensano che per far crescere l’economia italiana sia necessario tornare alla lira. Questo sarebbe un grande errore. Sarebbe come dire che è meglio giocare in serie B perché continuiamo a perdere in serie A. Inoltre, uscirne non è per niente semplice. Dovremmo prima di tutto, saldare il debito con la Bce che nel 2017 ammontava a 433 miliardi. Uscire dall’euro probabilmente porterebbe maggiori problemi.

Quindi cosa possiamo fare?

  • Sicuramente cercare di risolvere gli altri peccati capitali.
  • Aumentando così gli investimenti esteri in Italia.
  • Una profonda trasformazione economica.

Per fare tutto ciò è però necessaria una forte accelerazione del processo di riforma dell’economia italiana, accompagnato da un rafforzamento dei conti pubblici attraverso il contenimento della spesa pubblica, che consenta anche una minore tassazione.

CONCLUSIONE

Quindi per risolvere questi 7 peccati capitali bisogna:

  • Apportare una profonda trasformazione culturale e sociale. Partendo dalla scarsità di capitale sociale.
  • Iniziare ad accettare le regole. Come quel dura lex, sed lex su cui si fondava la repubblica romana.
  • Incentivi economici.
  • Comprendere l’urgenza dei problemi e agire.

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Spero tu abbia trovato queste riflessioni interessanti. Ti lascio qui di seguito alcune citazioni che ho trovato particolarmente interessanti.

CITAZIONI

“Non possiamo contare per sempre su un contesto esterno favorevole e dobbiamo accelerare nella correzione dei nostri punti deboli.”
“Globalizzazione e sviluppo tecnologico tendono a spostare la distribuzione del reddito verso il capitale.”

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