Trama
I nuovi consumatori, i Millennial e la Generazione Z, desiderano che i brand prendano una posizione forte. Quando decidono da quale brand acquistare, sceglieranno quello che sta lottando per la sua stessa battaglia. Soprattutto, la Generazione Z, non crede più alle storielle inventate dai brand, ma vuole i fatti. Quindi se vogliamo ottenere il mercato del futuro, non possiamo più permetterci di pensare solo ed esclusivamente al profitto. In questo libro, viene illustrato il brand activism in tutte le sue sfaccettature, dalla definizione a come integrarlo nella propria società.
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Autore
Philip Kotler nasce a Chicago il 27 maggio 1931. Il Financial Times lo ha classificato come quarto “guru del marketing”, dopo Jack Welch, Bill Gates e Peter Drucker, viene anche considerato uno dei pionieri del marketing sociale. La sua opera principale è Marketing Management, del quale ormai siamo arrivati alla quindicesima edizione e viene generalmente riconosciuto come uno dei più autorevoli testi sul marketing. Il modello di Kotler, organizza tutte le attività di marketing operativo che un operatore di mercato gestisce in quattro grandi aree: Prodotto (Product), Prezzo (Price), Punto di vendita (Placement), Comunicazione (Promotion)
Introduzione
L’etica sta assumendo una dignità sempre più gradita da parte della generazione zeta. Quest’ultimi scelgono di comprare solo da chi sa stare sul mercato in maniera trasparente, equa e trasparente. Infatti, al contrario dei Millennial che erano più facilmente influenzabili attraverso lo storytelling social-etico-responsabile, la Gen Z chiede alle imprese, azioni, nuovi patti di relazione che trascendano le promesse della pubblicità per proporre nuovi modelli di mercato.
Questa etica sociale potrebbe non portare vantaggi immediati nel quarter che si sta concludendo. Ma, senza dubbio, nel lungo periodo sarà sicuramente una delle fondamenta sulle quali costruiremo la reputazione del brand negli anni a venire.
Dare è più importante che dire, i fatti sono più importanti delle parole. È il momento dell’azione!
È ora di abbandonare il marketing nato con il boom economico, dove l’unico obiettivo è aumentare i cost/benefici per gli stakeholder interni dell’azienda.
La crisi di fiducia
La crisi di fiducia è globale, casi come: emergenza climatica, disparità di reddito, Brexit, #MeToo, #BlackLivesMatter ecc…
Per questo ci si aspetta che le imprese siano agenti del cambiamento.
L’economia si sta spostando sempre di più, verso un’economia reputazionale. Questo è importantissimo per tutti gli aspetti. Da un lato i migliori lavoratori al mondo vogliono lavorare per un’azienda che rispetta i propri ideali, dall’altro i clienti vogliono acquistare da aziende che mantengano la parola e combattano per alcune cause condivise.
Secondo Harris Poll ecco alcuni degli scenari più dannosi per la reputazione aziendale:
- Mentire a proposito di un prodotto o servizio o rappresentarlo intenzionalmente in modo distorto
- Compiere illeciti intenzionali o azioni illegali da parte dei dirigenti aziendali
- Ritirare un prodotto a causa di una contaminazione che può causare danni alla salute
- Effettuare discriminazioni sul posto di lavoro
- Provocare un incidente o un problema ambientale
- Ecc…
Che cos’è il brand activism
Gli esperti ci dicono che le imprese dovrebbero scegliere di impegnarsi sulle questioni maggiormente allineate con i loro brand. Però questo è un metodo miope. Ciò che è necessario è una mentalità che osservi la realtà dall’esterno verso l’interno.
È necessario trasformare il business ripensandolo in modo dirompente.
Storicamente il posizionamento del brand è sempre stato uno dei pilastri del marketing, oggi però questo non è più sufficiente. È necessario dimostrare attraverso i fatti e le azioni ciò che vogliamo comunicare. Questo è il nuovo posizionamento, ciò che viene analizzato principalmente dalla generazione zeta.
“il brand activism consiste negli sforzi dell’impresa per promuovere, impedire o influenzare riforme o stati di inerzia sociali, politici, economici e ambientali con il fine di promuovere o impedire miglioramenti della società”
Il brand activism può essere in ambito sociale, lavorativo, ambientale, economico, giuridico. In questo modo il brand diventa a tutti gli effetti attivista.
Uno dei casi “Activist Company” è Patagonia che ha lanciato la campagna The president Stole Your Land, che è un’azione progressista per la lotta che ha iniziato quasi trent’anni fa in difesa della terra pubblica.
I malefici sette (problemi che le aziende potrebbero tenere in considerazione):
- Cambiamento climativo
- Disuguaglianza
- Estremismo
- Migrazioni
- Istruzione
- Corruzione
- Popolazione
In alcuni casi, prendere posizione è una mossa strategica che migliora anche i profitti, come il caso di Nike grazie all’accordo con Kaepernick.
I collaboratori come brand activist
In questo capitolo viene descritto come anche le collaborazioni con altri brand o associazioni può completamente modificare la reputazione di un brand.
Viene fatto l’esempio di Google, che è famoso per il suo codice di condotta “Don’t Be Evil”. Ma dopo l’accordo che è stato fatto che portava il colosso tech nel comparto militare- industriale. I suoi migliori ingegneri si rifiutarono di lavorare su tale progetto, con anche degli scioperi che sono sempre stati molto rari prima di allora.
Linee guida per il brand activism dei collaboratori:
- Considerare il brand activism dei collaboratori una forza positiva per accrescere la vostra reputazione e il vostro business
- A partire dai colloqui di assunzione, durante la fase di familiarizzazione con l’azienda e la successiva carriera aziendale assicuratevi che il vostro purpose e la vostra cultura aziendale siano noti
- Prestate attenzione a cosa pensano i vostri collaboratori
- Coltivate una cultura orientata all’apertura e alla trasparenza
- Stabilite un protocollo per rispondere
- Esplicitare e comunicate con chiarezza i valori aziendali
- Integrate i valori aziendali nella soluzione dei problemi
CEO come brand activist
Alla base della credibilità dei leader vi sono due fattori critici: competenza percepita e affidabilità.
C’è una grandissima differenza tra leader affidabili e non affidabili, ad esempio, agiscono in modo coerente con ciò che affermano e proteggono l’organizzazione e i collaboratori.
Il B team è un’organizzazione senza fini di lucro formata da un gruppo globale di leader aziendali per dare impulso a un modo migliore di fare business e accrescere il benessere delle persone e del pianeta. Il Plan B è un decalogo con cui si affrontano i dieci problemi che inducono le imprese a restare intrappolate nella “Gestione tradizionale”:
- Promuovere la trsparenza totale
- Promuovete la collaborazione
- Andate oltre la contabilità economico-finanziaria
- Create comunità prospere
- Reinventate gli incentivi di mercato
- Garantite dignità ed equità
- Ridefinite i sistemi retributivi
- Valorizzate la diversità
- Esercitate la leadership in una prospettiva di lungo periodo
Il consumatore come brand activist
Secondo gli autori, esistono principalmente due metodologie per interagire con il consumatore e andare oltre e le illustrano in questo capitolo:
- L’internet of purpose, in cui il prodotto diventa un catalizzatore e uno strumento perfetto per il brand activism
- La piattaforma di purpose, in cui il brand crea un movimento intorno al bene comune che va ben oltre i clienti e comprende la società stessa.
L’internet of purpose è l’ecosistema prodotto/dispositivo che coinvolge il consumatore offrendogli opportunità importanti e significative per fare del bene.
In questa proposta, viene fatto l’esempio di Nike dove attraverso l’applicazione era possibile fare delle donazioni alle cause selezionate da Colin Kaepernick. In questo caso, il consumatore poteva selezionare una causa, in base a quanti punti aveva ottenuto camminando con le scarpe del brand. La componente di gamification aumentava l’altruismo dei clienti.
Invece la piattaforma di purpose, possiamo definirla come una piattaforma per mobilitare le persone all’interno della società – esperti e membri della comunità – per creare soluzioni durature e sostenibili alle sfide più urgenti della società, vale a dire la costruzione del bene comune
La strategia di brand activism
È fondamentale cercare di rispondere alle seguenti domande:
- Che cosa bisogna fare?
- Qual è il nostro terreno di gioco?
- Quale contributo possiamo dare?
- In che modo daremo il nostro contributo
- Come misureremo il nostro impatto?
Se il nostro obiettivo è creare un vero e proprio movimento, dobbiamo sapere che questo si poggia su 5 pilastri:
- Si inizia con la definizione di una mission nobile basata sul bene comune
- Si immagina cosa il movimento debba realizzare, e come
- Ci si domanda come ispirare le persone a impegnarsi e partecipare
- Si mobilitano i partecipanti che hanno sposato la causa
- Si agisce, cioè si coordina l’azione comune per creare un impatto.
Nel libro inoltre, sono illustrate diverse strategie utilizzando schemi, per questo in questo caso vi consiglio la versione cartacea del libro
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